C’è un asana a me particolarmente caro ed è Sthambasana, la posizione del pilastro.
Stambha deriva dalla radice “stambh”, che significa tenere, sostenere nell’accezione, in questo caso, di sostegno, supporto o pilastro.
Di sovente questo termine si riferisce ad un elemento cosmico, ovvero il pilastro narrato nei Veda che congiungeva i cieli e la terra.
In particolare nel Atharva Veda, uno stambha celeste è stato descritto come un'impalcatura infinita, che sostiene il cosmo e la creazione materiale.
Anche nella letteratura post-vedica ed in special modo nella letteratura Epica e nei Purana, la parola stambha viene usata in molti modi quali: fissare, supporto, tronco, colonna, pilastro.
Nello Yoga quando adottiamo la posizione del pilastro entriamo nella simbologia di un tipo particolare di forza, quella del sostegno. Quanto sono capace di sostenere gli altri, i pesi della vita, il mio compito in questa esistenza? E così via.
Oggi ti voglio raccontare un bel mito che ho tratto dalla tradizione nepalese a cui sono, per molte ragioni di viaggio e di cuore, molto legata.
Puoi trovare questo mito nel bel testo "Sciamanesimo nepalese" di Bhola Nath Banstola delle Ed. Mediterranee.
In principio il profondo azzurro e infinito oceano primordiale del cosmo era abitato dai naga, spiriti serpenti.
Tra di loro vi era Vasuki, l'enorme re dei Naga, conosciuto anche come Ananta Shesha. Si narra che questo grande serpente avesse almeno 7 teste, ma in realtà il loro numero è infinito come le sue spire che abbracciano la regina dei naga e anche molte giovani naghini, ovvero spiriti serpente femminili.
Con il passare del tempo Vasuki decise di prendere dimora permanente su una gigantesca conchiglia di strombo. Su di essa poteva trovare tregua dal costante movimento delle acque e riposare. Tutto è interconnesso e, come le onde della vibrazione producono la materia fisica, le enormi ondulazioni del corpo del grande serpente mettevano in moto nuove possibilità.
Appena il Re dei Naga prese dimora sulla conchiglia, una gigantesca tartaruga attraversò il vasto mare cosmico e venne a posarsi sulle molte teste del re. Quindi, il disegno cosmico attirò otto possenti elefanti; questi grandi animali si disposero sul guscio della tartaruga, creando un cerchio perfetto con le teste rivolte all'esterno.
Essi indicarono le otto direzioni del nuovo piano materiale in via di composizione, creando la forma di un loto ad otto petali. Non appena gli elefanti ebbero preso posizione, l'energia creativa della madre terra si manifestò nella forma di Bhumi Devi.
La Dea si sdraiò sul dorso degli elefanti e, mentre dormiva, cominciò a dare alla luce tutte le specie. Dal suo grembo emerse una grande profusione di animali dell'acqua, della terra e dell'aria oltre a diversi tipi di piante e di alberi che avrebbero nutrito i suoi molti figli. Quindi l'intero universo fu generato da lei.
Ecco come il pilastro divino fu creato all'inizio del tempo.
Si crede che ogni movimento di Vasuki della tartaruga o di uno degli 8 elefanti provochi un movimento corrispondente sulla superficie della terra e delle sue acque.
Inoltre, se sulla terra ha luogo un'azione infausta, consapevole o meno, tutta la struttura ne risulta scossa e provoca disastri sul piano terreno, nei nostri corpi e nel cosmo. I vari aspetti del pilastro divino riflettono quindi varie sfaccettature della nostra esistenza. In particolare, la base del pilastro, nel mito è rappresentata dal grande oceano cosmico che tiene in sé i ricordi primordiali di tutta la creazione e di tutti gli esseri.
La memoria filogenetica è, in effetti, una delle basi più importanti della nostra esistenza. Noi serbiamo inconsapevolmente le emozioni, le scoperte e l'evoluzione dei nostri antenati, quelle personali personali e collettive.
La conchiglia, quindi, rappresenta il ritmo della vita, sia collettivo sia individuale, a cui tutti noi ci accordiamo. Il serpente, a sua volta, è simbolo di saggezza, di sensibilità, di contatto con il reale e con la trasformazione interiore.
Pensa, ad esempio, al serpente che cambia la pelle ad ogni stagione. Esso ci ricorda che nella vita la strada dell'apprendimento non è una linea retta, ma procede spesso in modo oscillatorio. La tartaruga ci ricorda, con il suo carapace, la necessità di proteggerci quando è il caso ed il suo riposo stagionale richiama al rinnovamento necessario che spesso è preceduto da fasi di ristagno e di apparente immobilità.
Gli elefanti sono a loro volta simbolo di buon auspicio e vanno a simboleggiare la nostra capacità di rimuovere gli ostacoli, della necessità di sforzi costanti per raggiungere i nostri obiettivi.
Quindi la madre terra, con le sue gambe aperte nell'atto di partorire costantemente l'universo, ci ricorda che la creazione non è mai completa, ma è in costante evoluzione.
Il collegamento tra i vari elementi del pilastro divino è per noi molto interessante in quanto ci rammenta la profonda interconnessione che ci lega tutti.
E se vi è disarmonia in un'altra persona o in un'altro luogo, prima o poi questa disarmonia ci raggiungerà in qualche modo.
Nessuno di noi è una monade e questi tempi che stiamo vivendo credo ce lo insegnino molto bene.
L'immagine di questo pilastro divino ci ricorda costantemente la necessità di costruire con altri stabili sostegni.
Siamo interconnessi, le scelte e le azioni apparentemente individuali influiscono in realtà sul tutto. E vi è molto merito nel compiere azioni che sostengano la pace, l'armonia e l'equilibrio di tutti.
Ed è con questa immagine nel cuore che ti invito a praticare con me Stambhasana.
Senti la possibilità di poter scivolare lentamente al suolo, lasciando che il tuo tronco possa aderire bene alla terra che lo sostiene.
Senti il contatto della nuca, delle spalle, del tronco con la terra.
Attraverso una profonda espirazione ti invito a portare le tue ginocchia al petto sentendo che le mani vi si appoggiano e che i gomiti sono ben sollevati verso l’esterno.
Avverti quindi il tuo respiro scivolare nell'addome. Senti come, durante l’inspirazione e l'espirazione, il tuo addome si possa dolcemente dilatare e poi rilassare.
Lascia che una profonda inspirazione, inviti le tue ginocchia a scostarsi dal petto per quella che è la lunghezza delle tue braccia e nell’espirazione senti le tue ginocchia ritornare al petto in un movimento che prende il nome di Bastrika, il mantice.
Una sorta di mantice simbolico che attiva il nostro fuoco interiore. Dopo qualche esecuzione interrompi il movimento.
Datti la possibilità di sentire che, con una successiva e profonda espirazione, le tue gambe si distendono verso il cielo, mentre le tue braccia si portano distese vicino al tronco coi Palmi delle tue mani aderenti alla terra.
Sei entrata così nella posizione di stambha, il pilastro. Ti invito a sentire che il tuo respiro entra ed esce da un forellino ideale situato due dita sotto l’ombelico.
Come un fuoco interno che si alimenta al ritmo del respiro, puoi sentire una forza stabile che nasce dal tuo addome. Visualizzala come una luce potente, forte o come un colore per te particolarmente intenso.
Comincia a dirigere questa forza luminosa prima nelle profondità del bacino e poi su lungo le gambe, raggiungendo la vetta del pilastro sulle piante dei tuoi piedi.
Attraverso questo dharana, puoi avvertire fisicamente il simbolo della forma che è la forza di questo pilastro; una forza stabile, capace di sostegno.
Se lo desideri, quindi, puoi completare la forma sollevando durante l’inspirazione le tue braccia, portandole parallele alle gambe e sentendo che i palmi delle tue mani si offrono anch'essi al cielo.
In questo momento stai sostenendo idealmente la volta del cielo con le piante dei piedi e coi palmi delle tue mani.
Senti che contemporaneamente l'immagine che tu hai creato per rappresentare la forza dell'addome, scivola in espirazione sia lungo le tue gambe sia lungo le braccia, portandosi rispettivamente alle piante dei piedi e i palmi delle tue mani.
Osserva quali sono le tue sensazioni nell'essere pilastro. Fallo senza giudicare, semplicemente raccogli informazioni sensoriali.
E poi, lentamente, datti la possibilità di uscire dalla forma, di portare le tue ginocchia al petto e sentire di nuovo un movimento a mantice farsi strada per qualche respiro.
Quindi senti che puoi dondolare a destra e a sinistra dolcemente massaggiando la tua schiena per poi portarti su un fianco in posizione fetale.
Una mano ti sosterrà per portarti a sedere. Rimani ancora per qualche istante in ascolto delle tue sensazioni.
Le sensazioni che derivano dall’aver espresso la tua forza; una forza che può reggere il cielo a beneficio tuo e del mondo intero.
In conclusione, lavorare sul simbolo del pilastro ci porta a contattare la parte di noi in grado di sostenere noi stessə e gli altri, la nostra forza.
Se desideri approfondire nuovi spunti per una pratica che comprenda il linguaggio del simbolo e del mito ti invito a dare uno sguardo alle risorse che metto a disposizione sul sito web e sul Podcast e a seguirmi tutti i canali social: Facebook e Instagram.
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