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Shavasana, trasformazione e rinnovamento

2025-04-03 22:18

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Yoga,

Shavasana, trasformazione e rinnovamento

L’āsana con cui spesso si termina o si inizia la pratica si chiama Shavasana o śavāsana in devangari,Attraverso essa ci prepariamo al rilassamento o a

L’āsana con cui spesso si termina o si inizia la pratica si chiama Shavasana o śavāsana in devangari,

Attraverso essa ci prepariamo al rilassamento o a centrarci in vista della lezione; ci distendiamo sulla schiena e rilassiamo gradualmente ogni parte del corpo per assorbire gli effetti della pratica.

Shavasana, letteralmente significa “posizione del cadavere” da Shava o śava che significa appunto cadavere.

Questo termine potrebbe anche intimorire, ma come sempre l'accesso al mondo simbolico ci offre visioni e suggestioni che rimarrebbero altrimenti sullo sfondo della nostra esperienza.

Il cadavere in questione, in questo contesto, rappresenta la morte dell'ego, ma anche la possibilità di lasciar andare tutte quelle vritti, in sanscrito i mulinelli della mente, che spesso affollano la  nostra psiche e quelle zavorre fisiche e mentali che troppo spesso ci accompagnano.

Solitamente tendiamo a rifuggire il pensiero della morte per tutti i fantasmi emotivi che essa porta con sé. Nella tradizione indiana invece la morte rappresentava un rito di passaggio e così shavasana diventa l'opportunità di “”cambiare abito di crescere e trasformarci.”

Seguendo il filo di questo simbolo propongo un racconto raccolto in “Myths of the asanas the stories of the heart of the yoga tradition” di Alanna Kaivalya Calia e Arjuna Van Der Kooij.

C'era una volta un potente sovrano molto amato dai suoi sudditi.

Un giorno cavalcando attraverso la foresta fu colto da una grandissima sete e si fermò vicino alla dimora di un saggio chiedendogli dell'acqua. 

Ma il saggio, come spesso accade nei miti, era in  uno stato di meditazione profonda e non sentì 

la sua richiesta. Il re ne fu molto infastidito e gettò all'indirizzo del saggio un serpente velenoso che strisciò fino al suo collo. In quel momento arrivò il figlio del saggio che assistendo all'azione del re si arrabbiò molto e lo maledisse dicendogli che sarebbe morto per tramite di un serpente.

Quando il saggio riemerse dalla propria meditazione e comprese cosa era successo rimproverò suo figlio per aver maledetto un re così importante.

 Però, come accade sempre nei miti indiani, la maledizione non poteva essere disfatta e quindi il re iniziò un percorso spirituale chiedendo a tutti i saggi che incontrava di poter apprendere la scienza dello Yoga.

Dopo 16 anni giunse un saggio serpente di nome Sukadeva che era completamente realizzato. Quindi il re gli chiese di istruirlo. Per sette giorni Sukadeva istruì il re sullo yoga .

Ogni volta che il saggio proponeva al re una pausa per bere o nutrirsi, questi rispondeva che la conoscenza spirituale era talmente nutriente che non aveva né fame né sete.

Dopo set giorni il re raggiunse l'illuminazione e accolse di buon grado la morte fisica senza  rimpianti.

È interessante la scelta di questo re che, quando comprende di non poter evitare la morte, decide di utilizzare il tempo che gli rimane cambiandosi letteralmente i vestiti dell'anima.

E proprio Shavasana, come tutte le pratiche dello Yoga, non è solo un semplice atto fisico, ma una pratica realmente trasformativa.

Essa diventa una resa simbolica e piena di fiducia quando abbiamo completato la pratica e abbiamo dato del nostro meglio.

A quel punto è il momento di abbandonarci. Si tratta di un momento di apertura del cuore 

e della mente che invita la grazia dell'amore incondizionato nelle nostre vite e la nostra parte più profonda a parlarci; un momento di resa in cui non ci resta che affidarci e ascoltare quella voce che sussurra: “Cambia il tuo vestito.”

Shavasana ci insegna che, proprio come il re della storia, anche noi possiamo trasformare ogni fine in un nuovo inizio. È un invito a lasciar andare ciò che non serve più, ad abbandonare le tensioni e le paure, e a rinascere con una consapevolezza rinnovata.

Ogni volta che ci sdraiamo in questa posizione, ci concediamo il dono della resa: non una resa passiva, ma un affidarsi consapevole alla vita, con il cuore aperto e la mente quieta. In quello spazio di silenzio, possiamo ascoltare la voce sottile della nostra essenza più autentica, quella che ci sussurra con dolcezza: “Lascia andare. Trasformati. Rinasci.”

In fondo, Shavasana non è solo il riposo dopo la pratica, ma un invito a vivere con maggiore leggerezza e profondità, ricordandoci che ogni respiro è un'opportunità per cambiare abito e avvicinarci un po’ di più a noi stessi.

 

Se desideri approfondire nuovi spunti per una pratica che comprenda il linguaggio del simbolo e del mito ti invito a dare uno sguardo alle risorse che metto a disposizione sul sito web e sul Podcast e a seguirmi tutti i canali social: Facebook e Instagram.
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